La collaborazione con “il Giornale della Trexenta” ebbe inizio con un articolo sull’Accademia Platonica fiorentina, abbiamo continuato nel mese di giugno, soffermandoci sul pensiero di Comenio ritenuto l’erede -in campo pedagogico- dell’umanesimo rinascimentale.
Vogliamo proseguire, seguendo un filo rosso di argomento educativo, parlando di una figura che per la storia della pedagogia riteniamo importantissima, il marchese di Condorcet.
Il suo nome come quello di tanti nobili era molto più lungo, infatti fu battezzato nel 1743 col nome di: Giovanni – Antonio – Maria – Nicola – Caritat, Marchese di Condorcet.
Nacque nel secolo dei lumi, nel periodo, come dice Kant in cui: “La ragione procedeva a rischiarare le tenebre della superstizione”. Le menti più elette si proponevano di lottare contro l’ignoranza ed il dogmatismo, di avversare ogni fanatismo e di porre le basi per la fratellanza universale, tentando di realizzare il perfezionamento morale dell’Uomo.
Erano tempi in cui lo Spirito Umano poneva le basi dei futuri sviluppi; cinque anni dopo la morte di Condorcet, Montesquieu pubblicava “Lo spirito delle leggi”, vent’anni dopo nel 1764 Voltaire dava alle stampe il “Dizionario Filosofico” e Beccaria il trattato “Dei delitti e delle pene”. Nello stesso periodo i Gesuiti -espressione del Controriformismo vaticano onnipresenti nelle corti, nella scuola e nei confessionali- vennero espulsi dai paesi cattolici.
Nel 1773 un breve di Clemente XIV dal titolo “Dominus ac Redemptor” esigeva che venissero abolite: “Le costituzioni,le case, le scuole, i collegi e gli ospizi della Compagnia in qualsiasi luogo esistessero”.
A prima vista si può pensare che i “Lumi” fossero penetrati perfino dentro le segrete stanze del Potere Vaticano, purtroppo così non era, tanto che nel 1814 i Gesuiti e la loro Compagnia vennero ristabiliti per decisione di Papa Pio VII.
Nato a Ribemont nel 1743, Condorcet fù in gioventù uno studioso di matematica e scienze, tanto da essere cooptato nell’Accademia delle scienze, a soli 26 anni, divenendone segretario perpetuo sette anni dopo nel 1776, nel 1782 entrò nell’Accademia di Francia.
Fu in questo periodo che i suoi interessi scientifici cedettero il passo a quelli politico-sociali.
Il pensiero di educatore illuminato ebbe modo di esprimersi nella collaborazione al “Journal d’Istruction Publique”, ma fu quando, deputato all’Assemblea Legislativa presentò la sua “Relazione sull’istruzione pubblica” che potè dare forma chiara ed efficace ai suoi principi.
Questa relazione del 1792 costituisce il manifesto più preciso e chiaro degli intenti educativi emersi nel pensiero illuministico, che tanta parte ebbe nei fatti riguardanti la Rivoluzione Francese.
Chi passa a Parigi, sotto il monumento eretto al rivoluzionario Giorgio Danton potrà leggere, fra le tante incise nel basamento della stessa, una frase che riassume quello che può essere considerato il punto di partenza del pensiero sociale ed educativo di Condorcet: “Dopo il pane, l’educazione è il primo bisogno dei popoli”.
Danton faceva parte della frangia moderata dei Montagnardi. Finì ghigliottinato nell’aprile del 1794. Era iniziato il “Grande Terrore”, che inghiottirà quattro mesi dopo il suo principale sostenitore, quel Massimiliano Robespierre, che fece cadere sotto la ghigliottina la testa di circa cinquantamila francesi.
Nel marzo dello stesso anno in circostanze a dir poco romanzesche, morì a Bourg la Reine il marchese di Condorcet, la tradizione vuole che si sa suicidato in carcere, comunque la notizia della sua morte venne resa pubblica alcuni mesi dopo.
La frase di Danton che abbiamo citato qui sopra può essere presa ad emblema del punto di partenza del suo pensiero, un’altra costituisce il “simbolo” più pregnante del fine che lui ed i suoi fratelli di pensiero, si proponevano di conseguire in campo educativo .
Negli ultimi turbinosi mesi della sua vita aveva scritto un “Abbozzo di un quadro storico del progresso umano”, trovando in questa visione sua del futuro, conforto all’amarezza della sconfitta.
Così scrisse: “Verrà un giorno in cui il Sole brillerà su di una terra che apparterrà solo a Uomini Liberi, senza altri padroni che la ragione, verrà un tempo in cui i tiranni, gli schiavi ed i loro subdoli e sciocchi strumenti esisteranno solo nei resoconti della storia o nelle rappresentazioni teatrali”.
Quale era lo strumento per realizzare tutto ciò? Questo “rivoluzionario” collegava la sua volontà di cambiamento ad una tradizione antichissima, perchè le vere rivoluzioni si realizzano gradualmente e le novità emergono solo dal rispetto di tradizioni consolidate.
Infatti egli riteneva che l’educazione e la diffusione dell’istruzione pubblica sono elementi attraverso cui si realizza lo sviluppo dello Spirito Umano ed inoltre costituiscono i fattori propulsivi della crescita di tutta l’Umanità.
Questi gli strumenti, vediamo ora i punti salienti del suo Rapporto o Relazione sull’Istruzione pubblica. Le finalità dell’istruzione pubblica sono tre:
1) Permettere che tutti gli individui possano provvedere al benessere proprio e della colletività
2) Assicurare a ciascuno la possibilità di svolgere le funzioni civili alle quali può essere chiamato
3) Contribuire al perfezionamento graduale della specie attraverso l’educazione delle facoltà intellettuali, fisiche e morali di ogni uomo.
Come conseguenza di queste tre finalità deriva al pubblico potere l’obbligo dell’istruzione di tutti i cittadini e facendo così si perseguirà l’interesse del singolo, quello della patria e quello di tutta l’umanità.
Dalla lettura non superficiale del “Rapporto” emerge la convinzione che lo stato non sia altro che la proiezione, nel concreto, dell’animo dei cittadini che lo compongono. Questa coscienza del valore fondante dell’educazione come “cura dell’anima” si accompagna alla convinzione altro e tanto forte riguardante la necessità di uno Stato che deve garantire la scuola come servizio pubblico e gratuito.
Cosi prosegue il Nostro Autore: “L’ignorante perché disponibile per l’azione corrutrice dei demagoghi costituisce un potenziale pericolo par la propria ed altrui libertà”: Per Condorcet la stessa esistenza di uno Stato costituzionale è subordinata all’esistenza di un'istruzione pubblica e gratuita, perché: “L’anarchia ed il dispotismo sono il risultato di quei popoli cui viene data la libertà senza l’istruzione”.
Il problema dei problemi era costituito dalla libertà di insegnamento nella scuola pubblica. Questa scuola doveva essere laica, perchè tenuta da laici ed in essa non era consentito l’insegnamento di alcuna religione positiva. Le anime “belle” di quei tempi criticarono fortemente Condorcet.Giustamente si può osservare che una scuola che prescinda da ogni principio unificatore della cultura, è una scuola priva di anima, che invece di fornire educazione, propina un’istruzione frammentaria che può disintegrare piuttosto che formare ed unificare la coscienza.
Comunque il Rapporto ci propone una scuola che aveva come principio unificatore del suo procedere non i dogmi o le pretese politiche del conservatorismo, ma quei principi comuni a tutti gli uomini che si radicano nella Ragione, strumento e “scintilla” trascendente, che illumina ogni Uomo che viene in questo mondo.
Condorcet aveva studiato nel collegio dei Gesuiti di Reims e poi in quello di Navarra a Parigi, alcuni hanno voluto vedere nel “Rapporto” del Nostro, l’attacco dell’illuminismo alla “Ratio Studiorum” dei Gesuiti. Può darsi che sia anche così comunque l’Allievo realizzò così bene gli intenti educativi dei suoi “Maestri”, tanto che nel duo rapporto possiamo respirare il vento di quelle idee che cambiano il mondo.
Il problema educativo durante la rivoluzione francese
Priamo Moi
2002 07
2002 07