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Umanesimo e Rinascimento alcune considerazioni sull’opera di Jan Amos Komenski

Priamo Moi
2002 06
Potrà sembrare strano dedicare queste righe ad un pensatore vissuto in pieno seicento, eppure questa notevole figura rappresenta la conclusione più significativa degli indirizzi pedagogici dell’umanesimo.
La grande modernità di impostazione delle teorie di Comenio, in ordine al problema educativo, possono farcelo, paragonare a Galileo nonostante non fosse riuscito a realizzare nel suo campo l’avvento del metodo rigorosamente scientifico che il Grande Toscano riuscì a promuovere nella fisica e nell’astronomia. Che nell’umanesimo e nel rinascimento prevalesse un interpretazione aristocratica della cultura è opinione condivisa dalla maggior parte degli studiosi. Questa concezione, portava alla formazione di un ristretto numero di dotti che come minoranza privilegiata vive libera da ogni impegno che non sia lo studio.
Lorenzo Il Magnifico, esponente tipico di quest'aristocrazia culturale poteva affermare senza destare scandalo: “Solo di chi è sangue nobile può portare le cose alla perfezione. Non vi è genio nella gente che lavora con le mani e non ha modo di coltivare la propria intelligenza”.
Vediamo che in questa frase è ricapitolato lo svuotamento della cultura italiana, che perderà il contatto con quella realtà quotidiana e civile che l’aveva generata.
Nei paesi d’oltralpe i germi fecondi del Rinascimento potranno in seguito fruttificare perché si radicheranno in una realtà economica, politica e religiosa più favorevole.
Così si verificherà che le tematiche pedagogiche presenti nel rinascimento d’oltralpe saranno sviluppate in modo diverso che in Italia.
La cultura italiana perderà così ogni motivo “civile”, riducendosi a formalismo pedante, oppure a strumento d'evasione o di piaggeria cortigiana.
Ben altro si proponeva Lutero, infatti, nelle: “Lettere ai consiglieri di tutte le città della Germania” scritte nel 1524, attribuiva allo Stato la creazione ed il finanziamento della scuola per tutti, ed il diritto-dovere per lo stesso di costringere i figli del popolo alla frequenza.
In queste lettere, come si vede, vengono gettati i pilastri della scuola moderna. Purtroppo nonostante l’impegno e la serietà di molti riformatori, questi tentativi di realizzare la scuola popolare verranno frustati dal turbine delle guerre che nella prima metà del seicento sconvolsero tutta l'Europa settentrionale.
Sappiamo bene che le vie del rinnovamento politico e religioso sono molteplici ed altro e tanto, siamo convinti del fatto che la Riforma protestante avvenne fuori dell’Italia, perché le condizioni culturali ed intellettuali della penisola non lo consentivano.
Tutto ciò non significa che l’Italia fosse priva in questo periodo e subito dopo, di menti sublimi e di liberi spiriti come quelli di Bruno o di Galileo.
Siamo però convinti che la riforma fu dal punto di vista pedagogico ed educativo una scuola di libertà, che aveva in se i germi che maturando avrebbero portato alla creazione di una comunità di uomini più liberi ed eguali.
Luterani e Calvinisti erano andati verso il popolo ed avevano suscitato un vasto movimento nazionale e popolare. Mentre in Italia si verificò che dà una parte stavano delle classi “colte”, incredule e scettiche, disposte ad un ossequio formale di fronte ad un’autorità religiosa che le ripagava consentendo un notevole lassismo morale. Questa “classe” era totalmente indifferente di fronte agli esempi offerti da quegli Uomini che preferivano il rogo o l’esilio piuttosto che mentire alla propria coscienza.
Dall’altra parte c’erano le plebi che vegetavano nella loro “beata stupidità”, ed era interesse dei superiori lasciarle in tale situazione.
Detto questo torniamo a Colui che Renato Tisato definisce: “Il più grande educatore fiorito nel clima della Riforma ed uno dei più grandi in senso assoluto”.
Jan Amos Kamenski, fu figlio di un mugnaio e nasce nel 1592 in un villaggio ai confini tra Moravia e Ungheria. Studia in Germania ad Herborn ed Heidelberg. Tornato in patria abbraccia la carriera del pastore di anime, nella comunità riformata dei “Fratelli Boemi”, derivata dal movimento degli hussiti. Per anni fu direttore e predicatore della scuola della sua comunità. La vittoria dei cattolici nella prima fase della guerra dei trent’anni (1168-1648) obbliga i protestanti a convertirsi o ad emigrare.
Giovanni Comenio preferisce l’esilio in Polonia, dove svolge l’attività di insegnante e stende i suoi scritti più significativi. Fino al 1656 vive in pace con i suoi correligionari nella città di Lissa in Polonia. In quell’anno le forze cattoliche polacche distruggono questa roccaforte dei riformati, Comenio si salva, ma perde la sua biblioteca e i suoi appunti. Troverà pace e possibilità di lavorare ad Amsterdam, città libera olandese, dove morirà nel 1670.
Come pedagogista Comenio va oltre gli aristocratici atteggiamenti dell’umanesimo classico, sviluppando i motivi democratici insiti nella riforma. Per Lui insegnare significa: “Avvezzare tutti a vivere, affinchè nessuno dimentichi la dignità e l’eccellenza umane”.
Scandaloso risulta che a distanza di un secolo le idee di Lutero non siano state ancora realizzate, si propone perciò di porre rimedio.
Egli vede nel problema dell’educazione non uno dei tanti che l’umanità deve risolvere, ma il problema essenziale, risolto il quale tutti gli altri risulteranno per buna parte avviati a soluzione, e non affrontando il quale ogni tentativo di portare l’umanità sulla via del benessere, della giustizia e della pace è destinato a fallire.
Comenio è convinto che lo snodo fondamentale della scuola è un problema di uomini ed è quello riguardante la formazione di coloro che nei diversi gradi dovranno svolgere il magistero.
Alla formazione dei futuri maestri dedica quella grande opera che è la “Didactica magna” (1628-32).
Il fine di questa “summa” pedagogica e quello di evitare l’illusione di voler riformare la scuola attraverso uomini eccezionali dotati di capacità straordinarie ed animati da forte vocazione.
Questa sarebbe pura utopia, nel senso che la maggior parte dei maestri saranno uomini mediamente normali, ai quali bisogna fornire uno strumento didattico ben congegnato, capace di far perseguire risultati, se non ottimi, almeno buoni per tutti.
Questo per quanto riguarda gli insegnanti, per quanto riguarda gli alunni superando l’aristocraticismo di un certo umanesimo afferma che: “Ogni uomo che viene al mondo, viene perché non sia un semplice spettatore, ma perché faccia anche l’attore”.
Da qui la necessità di una scuola di primo grado aperta ed obbligatoria per tutti i fanciulli delle varie classi sociali e di ambo i sessi.
Comenio vide la società come un organismo, costruito da parti diverse, ma tutte necessarie. Questa diversità delle parti sociali, pone alla scuola il compito di avviare ogni uomo verso la carriera per cui è più adatto e nella quale meglio potrà contribuire agli equilibri dell’organismo sociale.
Questa scuola renderà possibile un processo di affiatamento e di rispetto tra le varie parti sociali, perché insegnerà agli alunni appartenenti ai ceti elevati di non disprezzare gli altri, rinvierà a età matura la scelta e l’indirizzo verso le varie carriere ed effettuerà quella selezione che Comenio vuole realizzare esclusivamente in base al merito.
Il filo rosso che guida la stesura della sua opera consiste: “Nella preoccupazione di razionalizzare gli studi, di renderli più spediti, di proporre un metodo che permetta di apprendere dalla realtà oltrechè dai libri. In questa prospettiva viene dato spazio alla lingua materna che viene studiata prima del latino. Inoltre Comenio possiede la convinzione che sia possibile insegnare “tutto a tutti”, perché era animato da una fede profonda nell’infinita perfettibilità dell’Uomo.
Il metodo ciclico da lui previsto si proponeva attraverso un piano razionale di istruzione che dai primi anni di vita arrivava fino all’università.
Concludendo possiamo dire che la crescita culturale dell’umanità può oggi realizzarsi attraverso quattro vie fondamentali: l’istruzione obbligatoria, la libera stampa, la missione dei dotti e lo sviluppo delle comunicazioni.
Nell’opera di Comenio viene difesa e programmata in modo serio sia la scuola per tutti che la funzione degli insegnanti, cioè di tutti quei “dotti” che devono insegnare tutto a tutti nei vari ordini di scuola, attraverso un metodo graduale che nella “Didactica Magna” viene teorizzato in modo esemplare.
A tutti noi resta il compito, se vogliamo accogliere il messaggio di Comenio, di realizzare lo sviluppo delle comunicazioni in modo rispettoso dell’Uomo, difendere la libertà di stampa, la scuola pubblica e obbligatoria per tutti e la dignità dei docenti.